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sabato 12 novembre 2011

LE DUE FASI: ROTTURA E RICOSTRUZIONE.

Nelle ultime ore del "Sultanato" berlusconiano, nelle ultime ore tragicomiche di governo mediatico, arruffato, esaltato dalle idiozie imbarazzanti di chi nulla ha a che con la politica, ci sono diverse considerazioni da fare.

Considerazioni utili per non ricadere nel polveroso e ambiguo momento politico che l'Italia sta vivendo.

Come ho sempre sostenuto, e continuerò a fare, l'Italia di Berlusconi e del Berlusconismo aveva e ha la necessità di passare attraverso due momenti essenziali.
Uno di rottura, e il secondo, successivo, di ricostruzione.

Il primo coincide (e speriamo di usare ben presto l'imperfetto) con la cacciata senza condizioni di B.
Una cacciata che costruisca un muro tra il passato italiano e il nuovo presente.
Questo perché la situazione italiana, chiamata giustamente da diversi esperti "anomalia" italiana, si reggeva su un bizzarro regime mediatico, il quale sembrava riuscire nell'intento di stagnare e solidificare continuamente e ripetutamente la posizione scomoda di Berlusconi.

Infatti, fosse per il nostro sistema mediatico, "l'homo novus", l'imprenditore che si è fatto da solo, l'uomo che avrebbe cambiato il modo di far politica (e in effetti l'ha cambiata) sarebbe ancora splendidamente al suo posto, predicando che siamo i primi ad essere usciti dalla crisi e che è il migliore presidente da quando l'Italia nostra è unita.

Ma a guastare l'immagine raggiante e candidamente positiva del nostro esecutivo pettinato, sono arrivati dapprima uno Spread preoccupante, capace di farci capitolare senza quasi accorgercene, e in seguito una credibilità sotterrata, morta sotto i colpi del ridicolo personificato che è diventato (o forse è sempre stato) il nanetto dalle mille sorprese.

Le ridacchiate sprezzanti della Merkel e di Sir Sarkozy, i continui ammonimenti dell'Ue hanno suggerito a qualcuno che la situazione fosse davvero insostenibile.

Ma tant'è. Si diceva, il momento primo di rottura sembra arrivato.
Cio che a parer mio è fondamentale comprendere è che questa prima fase, cosi dura ma oramai di fronte ai nostri occhi, va ampiamente slegata dal nostro futuro politico. Un futuro politico che finalmente potrà riavere nelle sue mani gli strumenti corretti per un normale gioco tra le parti nella campagna elettorale che verrà.

E' il raffronto e il paragone costanti, perpetui, assillanti, quasi ossessivi con il "premier che fu" che rendono il ragionamento difficile da capire.
Tutti sono in ansiosa attesa del nostro futuro poiché assorbiti dallo scontro politico che BERLUSCONI e nessun altro ha istituito in quest'ultimo ventennio.
Berlusconi ha creato la nuova politica che piantava le sue radici nell'accanimento verbale, nell'ignoranza mediatica, nella confusione finalizzata alla non comprensione, nell'instaurazione di un clima di terrore verso i comunisti d'altri tempi.

Ora, con questa fase di rottura che deve avere l'unico ruolo di rimuovere le sopra citate radici, si riparte nell'affermare le semplici regole del gioco politico: ognuno, alle prossime elezioni, dirà la sua, imporrà il proprio programma, proverà a convincere gli elettori che la propria parte merita di vincere.

Lo sostengo da molto tempo e Marco Travaglio, in uno dei suoi editoriali (http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/11/12/supermariobros/170183/), afferma grosso modo la stessa cosa.

Non è meglio andare alle elezioni con Monti premier, deberlusconizzare il paese (prima fase), per poi andare a delle elezioni dove "la destra fa la destra e la sinistra la sinistra" (seconda fase)?

Non pare difficile rendersi conto che, come ogni grande shock politico, esistano due momenti molto differenti.
Come per una casa caduta per un terremoto bisognerà PRIMA ripulire il terreno dalle macerie per poi ricostruire, allo stesso modo per noi ora è tempo di sbarazzarci delle tristi macerie di una raccapricciante fase storica italiana per provare, finalmente, a ripartire e risollevarci da questa crisi mondiale che vede l'Italia in primis in tremenda difficoltà.

Franck Pascal

giovedì 16 dicembre 2010

Ma i veri politici dove sono?

Nella nave ideologica, ancor prima che politica, che affonda sotto i colpi delle ipocrisie etico-morali di non pochi esponenti del Palazzo, le domande da farsi non sono : " Chi arriverà dopo?"; " Berlusconi rimarrà o verrà sfiduciato? "; " Elezioni anticipate? " , bensi bisognerebbe forse porsi l'interrogativo del percorso che sta affanosamente percorrendo la politica italiana e comprendere le sue cause.
In Italia non c'è politica. In Italia esistono soltanto palazzinari qualunque, uomini che arrivano dal mondo dell'economia e della giustizia a fare politica.
Il grosso guaio della politica è quello di essere un po' come il calcio. Ne parlano tutti, si sentono tutti sommi intenditori, ma pochi ne studiano i reali processi e ne sanno realmente analizzare le dinamiche.
E allora la domanda dovrebbe essere: " Perché stupirsi di una deriva sociale cosi grave se i veri esperti politici non stanno dove dovrebbero stare?" , e ancora : " Perché stupirsi che uomini che non c'entrano nulla con la politica si facciano allegramente gli affari loro e abbiano davvero poco interesse verso il bene comune? "
Credeva forse Platone che potessero diventare tutti filosofi? Niente affatto.
Credeva ve ne fossero pochi in grado di esserlo e questa minoranza doveva portare il proprio sapere a favore di una moltitudine ancora stolta.
In parole meno anacronistiche e più attuali si potrebbe affermare che dovrebbero essere esperti politici a proporre gli itinerari sui quali marciare per il miglioramento del paese, e non viscidi uomini d'affari che non pensano ad altro che al profumo dei soldi.
Ma oltre alle capacità meramente tecniche , non vi è un profondo problema etico-morale?
Non vi è forse , in mezzo a tutto questo teatro tragicamente scadente, l'esigenza di pensare che si debba essere attenti soprattutto al bene comune?
E , di conseguenza, non sarebbe utile cercare ,ancor prima della giustizia , delle valide motivazioni etico-morali per inserire chicchessia nel gioco politico?
La legge ha il potere unico ed esclusivo di sanzionare in modo giuridicamente rilevante le persone che compongono le relazioni sociali.
Ma , fuori da questo contesto normativo e giuridico, non c'è forse la necessità di dare delle valutazioni morali alle persone?
Se partissimo dall'assunto appena esposto, si ha il diritto di indignarsi per la classe politica pietosamente fiorita sotto i campi putridi della menzogna e del losco compromesso?
E si ha, tra l'altro, il dovere morale di ribellarsi per ottenere una "pulizia" che dovrebbe essere dettata dal senso dello Stato e il senso del bene comune?
Ci sono momenti in cui manifestare il proprio dissenso non è più un semplice diritto dell'uomo, ma deve diventare un dovere che cresce interiormente per poi eruttare con forza e con passione.
In definitiva, ciò che volevo esporre in questo articolo era che esistono due ordini di problemi:
1) Non ci sono tecnicamente le persone che dovrebbero presiedere le cariche politiche. La facoltà di Scienze Politiche in Italia viene considerata una facoltà da Scienza delle merendine e i suoi laureati sono sia disoccupati sia in giro per il mondo a fare tutt'altro.
2) Dovrebbe esistere un senso di moralità ed eticità che imponesse a chi fa politica di agire in modo giusto e per il bene comune. E qualora non lo faccia, diventa DOVERE morale ed etico del cittadino esprimere tutta la sua frustrazione e il suo rifiuto di una politica priva di ideali e piena di menzogne e ipocrisie.

Il sistema politico funziona se garantisce il confronto equo e paritario delle idee contrapposte .
Il sistema politico non funziona se ciò suddetto non viene garantito.
Non è quindi propriamente un problema di avere o non avere idee da proporre, è un problema che arriva prima, e cioè la questione di avere la possibilità reale e concreta di poter proporre ciò che si vuole, senza per forza cadere in facili dibattiti da bar.

domenica 6 giugno 2010

Sudamerica es pasion - Art. 15

Il candidato del partito verde per le presidenziali, Antanas Mockus, ha perso il primo turno.
E' in netto vantaggio invece il candidato uribista, Juan Manuel Santos, ex ministro della Difesa.

Ecco un articolo pubblicato da peacereporter il 31 maggio:
http://it.peacereporter.net/articolo/22210/Colombia,+l%27uribista+Santos+sfiora+la+vittoria+al+primo+turno.+Mockus+al+22+percento

Juan Manuel Santos sfiora la vittoria al primo turno, staccando Mockus, suo diretto avversario, di oltre venti punti

Era già tutto previsto. O quasi. La Colombia dovrà tornare alle urne per una segunda vuelta che decreti il nome del prossimo presidente. E quel nome sarà uno fra i due da sempre dati per favoriti: Juan Manuel Santos, erede di Alvaro Uribe, e Antanas Mockus, il filosofo visionario dei Verdi. Ma, se era prevedibile che Santos sarebbe riuscito ad accaparrarsi più voti del rivale, in pochi avrebbero creduto che riuscisse a sfiorare l'elezione al primo turno, staccando di ben 25 punti percentuali il due volte sindaco di Bogotà. Con un 47 percento, il ricco trasformista vicino a Uribe e da sempre in politica ha spiazzato i pronostici e lasciato Mockus al 22 percento delle preferenze. La differenza equivale a 3milioni e 637.823 voti. Subito dietro si piazzano Gustavo Petro, del Polo Democratico, e il reazionario Vargas Lleras, entrambi con il 10. Dell'affluenza alle urne in massa annunciata dai sondaggi, nemmeno l'ombra. Se i votanti sono aumentati dal 45 al 49 percento, resta grave che metà del Paese non abbia sentito il richiamo delle urne. Di 29milioni di cittadini iscritti, si sono presentati soltanto in 14milioni e 740.328. Scarsissima affluenza anche tra i colombiani residenti all'estero. Come di consueto, l'astensione ha rasentato l'80 percento. Di 415.118 cittadini abilitati a votare, lo hanno fatto solo in 83.253. Chissà se il ballottaggio potrà attirare i disillusi in ogni dove, che soli potrebbero cambiare una sorte ormai segnata.

A determinare la brusca frenata del professore filosofo dell'onda verde sono stati probabilmente i candidati minori, che hanno chiesto al proprio elettorato di non puntare al voto utile ma ‘al voto del cuore' per poi invece serrare le fila al secondo turno, che tutti hanno da sempre dato per scontato.
È evidente, comunque, che le grandi sconfitte di questa tornata elettorale siano comunque le inchieste, che da settimane tuonano un testa a testa all'ultimo voto fra il vecchio e il nuovo, fra il passato e il futuro, fra Santos e Mockus. Certo, il professore ha saputo regalare uno spiraglio di speranza in un Paese diverso, ha saputo riaccendere la campagna elettorale da decenni scontata e spompa, costringendo il designato alla successione uribista a cambiare persino strategia assumendo un nuovo ‘tutto fare' e dal losco passato che lo rilanciasse e parlasse ai giovani. Ma non ha raccolto quanto previsto.
La sua campagna è stata un fenomeno mondiale, universale nella sua impostazione filosofica, nella sua struttura, nel suo approccio. Tanto universale quanto quella di Obama, apprezzata e comprensibile al mondo intero. "Però - ha commentato un bogotano che lo ha votato - le sue dichiarazioni dell'ultima settimana lo hanno penalizzato. Non ha fatto che ripetere che è cattolico, che conserverà il programma di Uribe Familias en accion, che la sinistra ha espressioni vicine alla violenza e che le Farc devono avere paura di lui perché assaggeranno la sua mano dura. Ecco, è come se avesse scelto di mettersi sulla difensiva. In quei momenti non era il filosofo rinnovatore, ma un candidato che rispondeva all'agenda imposta dalla campagna di Santos. Quello che vogliono i cittadini che avevano visto in lui una speranza è che arrivi qualcuno con una visione originale e un'agenda solo sua".

Dal suo quartier generale, Mockus ha dichiarato: "Uribe a parlato negli ultimi tempi in ogni emittente 4 o 5 volte al giorno, facendo passare messaggi contro il candidato Verde, tanto che la missione degli osservatori internazionali ha precisato che gli unici problemi sono stati proprio le ingerenze indebite dei funzionari pubblici, primo fra tutti proprio il presidente". Ma precisiamo, al di là dei sondaggi pre elettorali in primis, questo 22 percento dei Verdi è comunque un ottimo risultato per un partito molto giovane in una Colombia così assuefatta a una classe dirigente che usa ogni metodo, non ultima la violenza, per restare al potere.

"I grandi sconfitti sono le aziende che fanno le inchieste - ha tuonato Vargas Lleras di Cambio Radical -, ci davano per ultimi fino alla scorsa settimana e siamo la terza forza nazionale". E questa pare una certezza.

Altra certezza è chi sia il grande vincitore di questa tornata elettorale: Juan Manuel Santos, a un passo dall'imporsi al primo turno. Politico di professione, esponente dell'oligarchia bogotana, membro di una famiglia che è la proprietaria di molti massa media, Santos è stato ministro in tutti gli ultimi governi, raggiungendo però l'apice della fama e delle critiche nell'ultimo mandato di Uribe, dove ha ricoperto il ruolo di ministro della Difesa. Autore dell'operazione Jaque, che liberò Ingrid Betancourt, è stato anche coinvolto nel tragico scandalo dei Falsos Positivos, più di 2000 civili uccisi dall'esercito e poi presentati come guerriglieri morti in combattimento. Un personaggio controverso e alquanto losco, degno discendente di Uribe, che promette alla Colombia di restare com'è per molto, molto tempo ancora. E che dà un calcio a ogni speranza. La sindrome colombiana ha colpito ancora.

sabato 29 maggio 2010

Sudamerica es pasion - Art. 14

Ecco un articolo sulle prossime elezioni presidenziali in Colombia, pubblicato su Il Post.

http://www.ilpost.it/2010/05/28/colombia-vincera-davvero-antanas-mockus/

Una campagna elettorale così in Colombia davvero non se l’aspettava nessuno. Fino a due mesi fa il quadro si riduceva alla convinzione che Uribe avrebbe di nuovo vinto al primo turno, come aveva fatto nel 2002 e nel 2006. La Corte Costituzionale invece ha deciso che non potrà ricandidarsi per una terza volta alla Presidenza della Repubblica, e con la fine dell’Uribismo si sono aperti scenari del tutto inaspettati.

Quello più sorprendente porta sicuramente il nome di Antanas Mockus, lo strampalato matematico e filosofo colombiano di 58 anni leader del microscopico Partito Verde. Nonostante abbia perso qualche punto nelle ultime settimane, i sondaggi lo danno a un solo punto di distanza da Juan Manuel Santos, il candidato espresso dal partito di Uribe (Partito U). Le elezioni si terranno domenica e a questo punto quasi sicuramente si andrà al ballottaggio del 20 giugno, dove secondo le ultime analisi Mockus potrebbe vincere davvero.

Figlio di immigrati lituani, la sua barba gli dà l’aria di un pastore baltico. È famoso per la sua onestà e intransigenza nei confronti della corruzione e della politica sporca. Eletto due volte sindaco della capitale Bogotà, ha sempre snobbato i partiti tradizionali. Ripete in continuazione che la vita e i fondi pubblici sono entrambi sacri e che il futuro della Colombia non si scriverà più con il sangue ma con il lapis.

Le sue trovate clownesche gli hanno guadagnato la fama di Cappellaio Matto: una volta, da sindaco di Bogotà, scese in strada travestito da un improbabile Superman in tuta gialla e mantello rosso che insegnava ai cittadini l’imprtanza del dialogo e del rispetto per gli altri. Un’altra volta si fece una doccia in diretta televisiva con la moglie per invitare i cittadini a consumare meno acqua. E quando insegnava alla Universidad Nacional, la più grande università pubblica del Paese, mostrò il sedere agli studenti che protestavano.

Eppure i numeri dicono che la sua politica è risucita davvero a trasformare Bogotà:

Il numero di omicidi si è dimezzato in nove anni, passando dai 3340 del 1995 ai 1558 del 2004. La sua campagna contro il possesso delle armi ha convinto più di 4.000 persone a rinunciare alle loro pistole in cambio di soldi o cibo. La sua politica fiscale è riuscita a tenere sotto controllo il budget della città, facendogli addirittura guadagnare la fama di neoliberale. Oggi punta da un lato sulla lotta contro il crimine – per rassicurare l’elettorato ancora fedele alla politica di Uribe – dall’altro ai temi di ambiente, istruzione e lotta alla povertà – per fare presa sull’elettorato più giovane. Se l’onda verde si è propagata così rapidamente infatti è anche merito di Twitter, Facebook e Youtube.

Secondo Newsweek l’aspetto ancora più sorprendente della popolarità di Mockus è il fatto che Santos non sia mai stato considerato davvero il favorito:

Dopo tutto, Santos è stato Ministro della Difesa del governo Uribe per tre anni e sotto la sua guida sono state condotte alcune delle operazioni più decisive della lotta contro le Farc, incluso quella che portò alla liberazione di Ingrid Betancourt e di altri 14 ostaggi. Non solo ha sconfitto una dei più sanguinosi gruppi armati dell’America Latina ma è riuscito a salvare la democrazia del Paese e ha posto le basi per la ripresa economica.

Da Paese rassegnato e convivere con la violenza la Colombia ha iniziato a sentirsi più sicura, capace di immaginare un futuro diverso. E forse proprio per questo ora i colombiani non si accontentano più di una politica centrata solo sulla sicurezza come quella di Santos. A questo si sono aggiunti poi gli scandali legati alla corruzione del governo Uribe degli ultimi anni: primo fra tutti quello dei cosiddetti “falsi positivi”, quando le forze di sicurezza uccisero deliberatamente alcuni campesinos e poi li vestirono con abiti da guerriglieri per poter far salire il numero di ribelli uccisi nella lotta alle Farc.

Lo scrittore colombiano Efraim Medina Reyes scrive su Internazionale che la Colombia non sentirà la mancanza di Uribe, definendolo un nanerottolo autoritario che nasconde il suo dispotismo dietro un sorriso inquietante e che fa battute di pessimo gusto:

Alla fine del suo governo Uribe lascia una scia di corruzione e un Paese sottomesso come non mai a quelle forze oscure che fanno dell’intimidazione la vera anima di una falsa democrazia. Gli sfollati continuano ad ammucchiarsi nelle periferie delle grandi città e la disoccupazione non dà tregua, facendo a sua volta aumentare la delinquenza. Il 9% di colombiani sentirà la mancanza di Uribe, insieme alla nostalgia per le vacanze protette da carri armati ed elicotteri, sinonimo di libertà e democrazia.

In un’intervista al Pais, Mockus ha ribadito che il suo programma di governo punta su legge, morale e cultura e che la lotta alle Farc deve essere combattuta secondo le regole della democrazia legalitaria e senza scorciatoie. E a chi lo accusa di essere un candidato troppo debole per la battaglia contro i gruppi armati risponde: “non sarò mai disposto a trattare con i guerriglieri in possesso di ostaggi”.

lunedì 17 maggio 2010

Questioni migranti - art. 13

Rimesse africane in calo

Vi sarebbe stato, nel 2009 e rispetto al 2008, un calo delle rimesse dall'Italia e verso l'Africa inviate dai migranti che si aggira intorno al 10%.

"Questo calo delle rimesse sarebbe dovuto, secondo agli esperti, non solo alla crisi economica che sta mettendo a dura prova i bilanci dei migranti, ma anche al fatto che per molti stranieri (pure africani) quella di vivere in Italia potrebbe rappresentare una scelta di lunga durata. E non c'è dunque la frenesia di mandare a casa una fetta cospicua del proprio reddito in vista di un ritorno affrettato al paese d'origine."

Ora a me sembra certamente verosimile l'ipotesi, purtroppo, che la crisi economica sia intervenuta energicamente a rallentare il flusso delle rimesse. D'altra parte dubito che proprio nel 2009 (e non nel 2008) molti migranti abbiano deciso di stabilirsi in Italia in un'ottica di lunga durata, nel periodo in cui tantissimi migranti hanno perso il lavoro e faticano più degli italiani a trovare altre soluzioni lavorative stabili (vedi anche questa ricerca della Fondazione Leone Moressa). D'altra parte il 2009, dal mio personale punto di vista, è stato caratterizzato da un aumento dei ritorni in patria (anche temporanei) di molti migranti che, a fronte della perdita del lavoro, percepivano come un costo troppo esoso rimanere nel nostro Paese.

venerdì 9 aprile 2010

Sudamerica es pasion - Art. 13

Violeta Parra è stata una cantante, poetessa e scrittrice cilena; nacque nel 1917 e morì siucida nel 1967. Faceva parte di una famiglia di artisti e poeti famosi in tutto il Cile.

Violeta si dedicò al recupero e alla diffusione della tradizione popolare cilena, dando alle sue canzoni un carattere di denuncia per le ingiustizie subite del popolo cileno.

Negli anni sessanta fondò il movimento culturale e musicale conosciuto come Nueva Canciòn, improntato al recupero e alla rielaborazione del folklore latinoamericano e all'utilizzo della musica come arma di lotta oltre che di impegno sociale e politico.

Dopo il suicidio di Violeta il movimento fu portato avanti da altri artisti come Vìctor Jara, il quale fu ucciso pochi giorni dopo il golpe di Pinochet nel settembre del 1973. Con l'inizio del regime militare il movimento smise di essere influente nella vita del paese: l'etichetta che pubblicava i dischi fu soppressa e molti degli artisti furono esiliati per anni.

La canzone Gracias a la vida, di cui ripropongo la prima strofa, è un delle ultime da lei scritta, oltre ad essere considerato il suo testamento spirituale.

Gracias a la vida, que me ha dado tanto
Me dió dos luceros, que cuando los abro
Perfecto distingo, lo negro del blanco
Y en el alto cielo, su fondo estrellado
Y en las multitudes, el hombre que yo amo.

Grazie alla vita che mi ha dato tanto,
mi ha dato due stelle che quando le apro
perfetti distinguo il nero dal bianco,
e nell'alto cielo il suo sfondo stellato,
e tra le moltitudini l'uomo che amo.


http://www.youtube.com/watch?v=WyOJ-A5iv5I

Per chi fosse interessato: http://www.violetaparra.cl/

lunedì 15 marzo 2010

Giornalismo alla sbarra - Art.22

Albenga. In una delle scorse notti. Raid razzista ad una palazzina di immigrati. Otto "bulletti" italiani vanno ed appiccano il fuoco.

Nell'articolo della Repubblica tutti i particolari.

Ci sono tre punti importanti , a mio avviso, da valutare e da analizzare con cura:

1) Dov'è l'allarme sicurezza e , soprattutto, è dichiarato omogeneamente o meno?
2) Dov'è il rigore e l'ordine che predicano da tempo i potenti signori seduti su comode poltrone?
3) Dov'è la famiglia?

Affrontiamo un punto per volta:

1) Quando extracomunitari commettono atti unanimamente ritenuti ingiuriosi si alzano le voci degli italiani che temono per la propria incolumità, per il proprio benessere personale e per la propria sicurezza. Si alzano alti i proclami alla legge ordine, alla cacciata furibonda di questi immigrati deviati che non vengono a far altro che delinquere nel nostro splendido paese, cosi pacifico e soprattutto esemplare nella propria disciplina. Quando invece la situazione si capovolge ( ebbene si, succede anche questo ) ecco che l'allarme sicurezza sembra essere svanito e sopraggiungono commenti atti a minimizzare , a sostenere che son ragazzi poco maturi e coscienti che compiono queste nefandezze.

2) Insomma, la legge ordine e le voci implacabili che urlano alla violenza extracomunitaria quando succedono misfatti compiuti dagli stranieri piombano ora in un silenzio raccapricciante, un silenzio viziato, ingiusto. Come faceva notare qualche tempo fa il Corriere della Sera discutendo dell'antisemitismo, si sta affermando in questi anni una tendenza estremamente negativa che permette oramai a quasi tutti di prendere in giro in modo più o meno convinto e convincente gli ebrei. Volano battute ostili, non si risparmiano insulti gratuiti e le abitudini al disprezzo tornano di moda. Vicinissimi a questa dimensione sono di certo gli extracomunitari, e colpiti in particolare neri e maghrebini. E' quindi chiaro che le affermazioni di ufficiali di polizia e di politici piegati alle logiche del partito e delle proprie credenze risultano assolutamente non adeguate al clima costante che si respira in Italia. La criminalità straniera è ampiamente motivata da ragioni storiche, culturali e politiche ( la legge Bossi-Fini rende la vita facile ai delinquenti ; i delinquenti vengono da noi perchè conoscono i tempi morti della giustizia nostrana ; esiste la Mafia che può dare vari circuiti , soprattutto nella droga, ad eventuali richieste di extracomunitari; le culture europea e africana differiscono quasi in toto, e sostanzialmente atteggiamenti ritenuti provocatori nella nostra cultura possono rappresentare abitudini consolidate per loro . A questo proposito diventa importante educare e non punire) , mentre la violenza italiana sembrerebbe non voler essere spiegata con motivazioni serie e importanti, ma con semplici accuse individuali . Crediamo che il clima di intolleranza verso lo straniero profondamente presente nelle politiche di vari partiti legittimi atteggiamenti di questo tipo.

3) Ma in tutto ciò , la serenità e il rigore familiare dove sono finiti? Dov'è finita la condanna familiare da parte dei genitori verso i figli poco inclini ad un comportamento corretto ed esemplare? Dov'è finito l'impegno inderogabile nell'aiutare la propria prole in una crescita brillante, positiva, costruttiva e soprattutto rispettosa dei valori altrui? Dov'è finita la "legge del dialogo", quella pratica poco usata ormai, per far comprendere ai propri figli l'importanza dell'accettazione altrui. Le cause di tali degenerazioni sono sicuramente cause sociologiche non unicamente familiari e nemmeno politiche. E' certo, però, che questi due ambienti stiano rendendo la generazione odierna una stirpe di intolleranti, irrispettosi delle regole, non inclini alla relazione pacifica e soprattutto ad una educazione fragile e debilitata da continue campagne di odio.

Forse, invece di accusare Santoro , Travaglio, Annozero o ancora RaiTre di fomentare odio e di giustificare la violenza, dovremmo guardare bene attorno a noi e valutare con coerenza dove siano davvero gli slogan e i gesti totalmente non conformi ad un giusto comportamento.

Ad Annozero si limitano ad esigere che un Presidente del Consiglio si faccia processare. Siamo seri.

sabato 13 marzo 2010

Sudamerica es pasion - Art. 12

24 maggio 2008, 18 contadini indigeni sostenitori di Evo Morales e del governo centrale vengono umiliati, picchiati, insultati e costretti a gridare slogan contro il presidente.

Una cinquantina di indigeni erano arrivati a Sucre per assistere alla consegna di alcune ambulanze da parte del presidente alla comunità cittadina. La consegna però non fu mai effettuata: gruppi giovanili dell'opposizione iniziarono infatti a lanciare pietre e lacrimogeni contro la polizia, che abbandonò il posto senza reagire.

Alcuni indigeni sostenitori del MAS (il partito del presidente) furono quindi raggiunti, fatti inginocchiare e spogliare fino alla cintura dai gruppi dell'opposizione, obbligati a bruciare le loro bandiere indigene ed a denigrare apertamente il presidente.

Nonostante il 75% della popolazione boliviana sia indigena il razzismo è ancora all'ordine del giorno, ed accettare un presidente indigeno (ora al suo secondo mandato) non sarà un passo semplice per la Bolivia.

Questo è un video su quanto accaduto:
http://www.youtube.com/watch?v=5RXUkPrYHcE&feature=related

Il Fabbricante dei Sogni - Art.6

Regime autoritario o totalitario.
Più interessante discutere del regime autoritario, provato e testato direttamente da noi italiani ( o meglio i nostri nonnie bisnonni ) , più interessante andare a vedere cosa fu, da dove parti e dove arrivò.

Molti studiosi affermano senza particolari dubbi che il fascismo nacque dal disagio provato dalla piccola borghesia nel trovarsi in mezzo ad un filone marxista estremamente galvanizzato in quegli anni ( parliamo degli anni post Rivoluzione russa e Biennio rosso ) e dall'altra di una grande borghesia perpetuamente incurante dei bisogni della comunità.

La sommossa fu violenta, incondizionata ma certamente diretta verso punti pensati e certamente scontati. Furono cosi combattute le leghe rosse, fu combattuto il movimento rosso che in quel periodo faceva da padrone in Italia e in Europa. Le famose squadre fasciste vagavano per le città e le campagne alla ricerca di comunisti marxisti da far fuori.

Un improbabile stratega come Giolitti diede spazio ad una sorta di alleanza pacifica con Mussolini, credendo di poterlo inglobare in modo intelligente e scaltro alla ricerca di una maggioranza parlamentare che esasperasse sempre più il fenomeno tipicamente italiano del trasformismo.
Ma Giolitti fece male i conti. Mussolini diventò presto fondamentale e un'ala del suo partito lo spingeva all' " indipendenza" politica.

Fu cosi che Mussolini propose ai suoi seguaci quella marcia su Roma che non credeva assolutamente potesse riuscire. Il suo intento, infatti, era piuttosto quello di far comprendere che il suo partito e la sua gente si potevano far sentire, senza bisogno di alleanze. Quello che trovò fu un re passivo che gli diede in mano il potere. Da li, pur rimanendo i poteri della Corona, della Chiesa , Mussolini ebbe gioco facile e già dal '25 impose il suo regime autoritario.

I tratti di un regime autoritario sono semplici: enfatizzazione del capo, non curanza della massa, ritenuta indifferenziata, assenza di autonomia legale, subordinazione totale al capo, venerazione del leader, meccanismo di identificazione proiettiva.

Oggi, nel 2010, a 65 anni dalla morte a testa in giù in Piazzale Loreto a Milano di Mussolini, l'enfatizzazione della figura centrale del capo, la difficoltà di rapporti tra Governo e Magistratura, la subordinazione di tutta la coalizione al Capo, la venerazione conseguente di molti suoi elettori e soprattutto il desiderio di tantissimi di essere al suo posto, di poter essere uomo cosi potente e bramato, fanno si che il panorama italiano , con le debite proporzioni, riproponga una democrazia autoritaria da non sottovalutare.

Berlusconi ha espresso con chiarezza la volontà di passare ad una forma di governo presidenziale. Non è di certo un caso che voglia questo, poiché il Presidente Obama ha molti più poteri del Presidente del Consiglio italiano.
E' altrettanto vero che oggi, attraverso il potentissimo mezzo cibernetico, l'instaurazione di un regime che tenda verso una sola direzione risulta piuttosto utopico e assolutamente improponibile. La popolazione, anche la meno agiata, dispone di Internet e di conseguenza ha la facile possibilità di regalarsi un'informazione alternativa, meno vincolata dalle logiche di potere e più vicina alla realtà dei fatti.

Ma la velocità della tecnologia nasconde sempre insidie. Attenzione.

lunedì 8 marzo 2010

Il pianto ed il riso - art. 17

L'oblio dell'indignazione

Ho resisto a lungo prima di concedermi la libertà di queste riflessioni. La routine quotidiana, la semplice stressante vita di tutti i giorni non ha bisogno di essere avvelenata da un mondo che sembra così distante, dunque ho titubato a lungo ma, infine, la volontà di urlare tutta l'indignazione ha avuto la meglio.
Il mio ribollire è frutto della continua erosione dei cardini della nostra povera democrazia. Non riesco a non essere retorico innanzi alla sfrontata prepotenza messa in campo da questi servi del sultano.
Per quanto tutto ciò, ahimè da tempo, abbia delineato un triste scenario politico di corruzione e malaffare, la mia indignazione è rivolta verso il torpore della gente che mi circonda, dell'indifferenza, del lasciarsi cullare dall'ignoranza e dalla superficialità.
Il dl "salva-liste-escluse" di queste ultime ore, il sistema di corruzione legato alla Protezione Civile, ai beni culturali, gli interessi di mafia legate al Sen. Di Girolamo, il bavaglio all'informazione pubblica (non libera)... l'elenco è purtroppo interminabile. La mia rabbia più grande non è per questi scempi ma per l'incapacità, o meglio, la non volontà di interessarsene, di capire.

Da tempo i sociologi hanno celebrato la morte dell'opinione pubblica, per mano della tv, del consumismo, dell'individualismo.. ma siamo certi che sia proprio così?
Il disfattismo è facile e contagioso ma per quanto ci si senta impotenti e soli nell'indignazione molto spesso basta alzare gli occhi e guardarsi attorno, alzarsi in piedi e dare voce al dissenso.
E allora ricominciamo da zero, iniziamo a parlarne partendo da l'ultima "perla":
Il decreto legge "interpretativo" per riammetttere le liste elettorale escluse per difetto di forma perchè ci deve indignare?
Per tre ordini di ragioni, due di natura strettamente giuridica, una di principio.
1. Lg 400/88 art.15 co. 2 b) Il Governo non può, mediante decreto-legge provvedere nelle materie indicate nell'articolo 72 quarto comma della Costituzione (materia costituzionale ed ELETTORALE).
2. Per chi non lo sapesse ancora nella prossima tornata elettorale si voteranno i nuovi consigli regionali per tale ragione, è evidente che la competenza della materia elettorale regionale è esclusivamente dei consigli regionali (su questa ragione è fondato il conflitto di attribuzioni sollevato dalla regione Lazio).
3. Forse è LA RAGIONE. Si tratta di constatare che non è tollerabile un cambio delle regole a competizione iniziata. Non si tratta di radicalizzare il formalismo ed esasperare la burocrazia ma di accettare l'idea che la legge offre la garanzia di imparzialità e uguaglianza.
L'esclusione non è dovuta alla legge ma al suo mancato rispetto. Gli esempi si sprecano ovviamente, ma la domanda fondamentale è: il cittadino comune può ribellarsi ad una multa perchè andava di fretta? può invocare il legittimo impegno lavorativo per giustificare la bolletta non pagata? può invocare sempre lo stato di eccezionalità ad personam e richiedere un salvacondotto, una sanatoria speciale personale?
Ovviamente la domanda è retorica, tutto ciò non è pensabile e la vita reale ne dà conto ad ognuno di noi.
Lo sprezzo per le regole è dunque palese e con ciò si violano l'uguaglianza e l'imparzialità, importanti sempre, importantissime in materia elettorale. L'uguaglianza. In passato, quante sono state le esclusioni dalle elezioni di candidati e liste, per gli stessi motivi di oggi? Chi ha protestato? Tantomeno: chi ha mai pensato che si dovessero rivedere le regole per ammetterle? La legge garantiva l'uguaglianza nella partecipazione. Si dice: ma qui è questione del "principale contendente". Il tarlo sta proprio in quel "principale". Nelle elezioni non ci sono "principali" a priori. Come devono sentirsi i "secondari"? L'argomento del principale contendente è preoccupante. Il fatto che sia stato preso per buono mostra il virus che è entrato nelle nostre coscienze: il numero, la forza del numero determina un plusvalore in tema di diritti.
Non esiste la sanatoria data dal consenso, che sia chiaro, NON ESISTE LA DEROGA VOLUTA DALLA MAGGIORANZA.
Mi associo dunque a Zagrebelsky: "Questa vicenda è il degno risultato di un atteggiamento sbagliato che per anni è stato tollerato. Abbiamo perso il significato della legge. Vorrei dire: della Legge con la maiuscola. Le leggi sono state piegate a interessi partigiani perché chi dispone della forza dei numeri ritiene di poter piegare a fini propri, anche privati, il più pubblico di tutti gli atti: la legge, appunto. Si è troppo tollerato e la somma degli abusi ha quasi creato una mentalità: che la legge possa rendere lecito ciò che più ci piace".
Che fare dunque? Tanto per cominciare informiamoci e poi informiamo ed insegnamo ad informare. Emergiamo da questo brodo di ignoranza perchè non tutto è uguale. Rendiamoci consapevoli che sta a noi decidere se ritirarci nella nostra dimensione individuale e pagarne poi le conseguenze e allora...
Spiazziamoli. Non sbagliamo la mira. Non cadiamo nel tranello, di nuovo, di assegnare ad altri - peggio che mai ad uno solo - compiti, colpe, responsabilità. La storia è nelle nostre mani e si cambia in un solo modo: non coi decreti ma col voto. (Concita De Gregorio)

sabato 6 marzo 2010

Pensare Globale, Agire Locale - Art. 15

Episodi a confronto destinati a rimanermi impressi, vuoi per la mia diffidenza verso il pensiero comune nel Nord Italia, vuoi per il mio bisogno di giustizia, o per lo meno il mio desiderio di uguaglianza.

Mi ero perso ancora una volta tra mille pensieri, guardavo di tanto in tanto il riflesso del finestrino accanto e di tanto in tanto il paesaggio oltre a quello stesso finestrino. Ad un certo punto sentii, come una sberla che ti riporta alla realtà, un "Buonasera, biglietti prego": il controllore. Mi voltai, un po' indispettito dall'interruzione del mio "dolce far niente", e consegnai il mio biglietto al signore in divisa. Sono in regola, bene. Il controllore proseguiva la sua opera scrutatrice con il signore, europeo occidentale bianco, che si trovava sull'altro lato del treno e che potevo facilmente osservare girando la testa di 90 gradi. Qualcosa evidentemente non andava bene perché ero stato disturbato ancora una volta dalla voce del controllore: "Lei non ha obliterato il biglietto". Il passeggero, evidentemente non italiano (francese nel caso specifico, o per lo meno francofono), intuì il problema e rispose, in francese, che non sapeva di dover obliterare. La legge dice che a chi viaggia senza biglietto o con biglietto non obliterato è verbalizzata una multa di 50euro più il prezzo del biglietto con pagamento immediato o fino a 200 euro più il prezzo del biglietto se il pagamento non viene effettuato subito.
Il controllore chiuse un occhio, il francese proseguì il viaggio.



Pensavo a cosa avrei fatto durante la mia domenica di relax, e a quante ore una persona possa dormire quando va a lezione e studia dal lunedì al sabato, quando giunse il controllore che mi distolse dal pensiero "io - letto - dormire - tanto" chiedendomi il biglietto. Sono in regola, bene. Ero seduto accanto al finestrino, mentre tutti gli altri posti, anche quelli sull'altro lato, erano occupati da africani anglofoni. Erano in sei, tutti in regola tranne uno. Il controllore disse: "Questo biglietto non è valido, la legge dice che a chi viaggia senza biglietto o con biglietto non obliterato o con obliterazione non leggibile è verbalizzata una multa di 50euro più il prezzo del biglietto con pagamento immediato o fino a 200 euro più il prezzo del biglietto se il pagamento non viene effettuato subito." Aggiunse poi: "Ora chiamo la polizia".
Il controllore non chiuse un occhio, io proseguì il viaggio, l'africano no.



Mi si raccontava di quel giorno in cui, a causa delle biglietterie chiuse e delle macchinette non funzionanti, tutti i passeggeri che prendevano il treno nella stazione di Trento erano sprovvisti di biglietto. Quando passava il controllore, ogni bianco salito a Trento spiegava la problematica per discolparsi ed evitare, giustamente, la multa. Poi arrivò il turno di chi ha il colore della pelle diverso (diverso, non migliore né peggiore!) dagli altri e, come gli altri, l'africano cercò di spiegare che anche lui era salito a Trento con le stesse problematiche dei bianchi. "Niente da fare, il nero sta certamente cercando di fregare", avrà pensato il controllore.
Il controllore non chiuse un occhio, i bianchi arrivarono a casa, il maestro di Djembe rimase la notte in una stazione tra Trento e Verona.


NO AL RAZZISMO

mercoledì 3 marzo 2010

Il Fabbricante dei Sogni - Art.5

Anomia. Ecco la parola chiave di questo quinto appuntamento con questa rubrica.

L'anomia è quel concetto ideato da Emile Durkheim che significa assenza di valori. Naturalmente la situazione anomica può derivare da destabilizzazioni sociali e sociologiche, può arrivare da momenti in cui si perdono di vista i propri punti di riferimento. Rimane il fatto che dagli studi compiuti dal sociologo suddetto quando si è in uno stato di anomia si è, per esempio, maggiormente portati al suicidio.

La situazione di anomia è naturalmente derivante da un ordine sociale che non esiste piu' in noi, e quindi da una società che non riesce piu' a plasmarci.

Da questa teoria del sociologo francese, le attuali considerazioni sono molteplici, quasi infinite. Viviamo in una società tipicamente delineata come anomica, cioè una società tendente alla perdita dei valori, tendente a fortificare i disvalori, cioè gli opposti dei comportamenti da tenere .
Gli esempi di queste tendenze negative sarebbero banali, piu' importante sarebbe cercare di capire i motivi primi e le cause principali che hanno portato ad un degrado sociale talmente tanto drastico e preoccupante.

E' dovuto a tradizioni del passato? E' dovuto a nuovi valori imperanti nelle gioventu' odierne? E'' dovuto a particolari cambiamenti sociali che hanno portato a questo?. E' dovuto alla tecnologia?

Come in tutto, sicuramente l'unione di queste diverse interpretazioni formano la soluzione al nostro problema, ma il mio personale parere si incentra molto sulla nascita di nuovi valori nelle generazioni odierne che pongono il punto di vista da un'ottica totalmente diversa. E' per questo che è poco comprensibile agli occhi degli adulti ed è per questo che la " cura " al problema è tanto difficile da trovare. Essendo qualcosa di nuovo, gli antidoti ancora non si conoscono. In una fase successiva o speriamo contemporanea riusciremo a comprendere il modo per ribaltare questa macabra realtà .

lunedì 1 marzo 2010

Sudamerica es pasion - Art. 11

Ho deciso di non parlare del terremoto in Cile, non penso ce ne sia bisogno.

Tre punti fondamentali per oggi, con link per approfondimento:

1) Si è parlato settimana scorsa della nascita di una nuova organizzazione internazionale per gli stati sudamericani e caraibici; per la prima volta una che escluderebbe Stati Uniti e Canada.
E' stato dimostrato più volta che l'OAS (The Organization of American States) non è effettivamente operativa e si spera in una nuova organizzazione che possa far fronte ai problemi internazionali, tenendo uniti i paesi caraibici e sudamericani.

http://www.ilvelino.it/articolo.php?Id=1067164

2) Pochi giorni dopo il presidente colombiano Alvaro Uribe è accusato di fare il doppio gioco e di minare deliberatamente la nascita della nuova organizzazione (che rafforzerebbe i paesi membri ed indebolirebbe l'influenza degli Stati Uniti nella regione). E' nota a livello internazionale come la Colombia sia attualmente l'unico paese della zona in rapporti più che buoni con gli Stati Uniti.

http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=891

3) La Corte Costituzionale colombiana ferma la terza possibile rielezione di Uribe, rifiutando di convocare un referendum per chiedere ai colombiani se erano favorevoli o contrari ad un'altra candidatura dell'odierno presidente.
Tratto dall'articolo: "La decisione della Corte Costituzionale è stata preceduta dai sondaggi delle scorse settimane, in cui oltre il 60% dei colombiani si dichiarava contrario alla convocazione del referendum, ma, curiosamente, se fosse stato convocato oltre il 70% era disponibile a votare di nuovo per Uribe, uno dei presidenti più popolari dell'America Latina."
Tutto ciò mi fa venire in mente un parallelo con l'Italia... ma mi limito a ringraziare che nonostante gli innumerevoli tentativi (tra cui cercare di cambiare la Costituzione e convocare referendum) una successiva rielezione di Uribe non sarà possibile, si spera.

http://rottasudovest.blog.lastampa.it/rotta_a_sud_ovest/2010/02/ladios-di-uribe-la-corte-costituzionale-dice-no-alla-rielezione.html

domenica 28 febbraio 2010

Servizi bancari e notizie economiche Art. 25

E L A V E R G O G N A D I E S E R E I T A L I A N I S I R I P E T E !!!!!!!!!!!




Dietrofront incomprensibile ( o forse sì ) della Camera: stipendi ………… cancellato il tetto degli stipendi di manager per le società quotate.


Questa notizia non è apparsa nei telegiornali e nei quotidiani ( solamente alcuni che si possono contare sulle dita di una mano ) forse per vergognarsi nel rispettare i cittadini disoccupati, cassa integrati, pensionati che percepiscono la minima di pensione e che non riescono ad arrivare alla fine del mese; oppure a tutti quelle persone “ bamboccioni “ che non possono permettersi il lusso di pagare un affitto o di mettere su casa rinunciando anche ad avere dei figli.
Quindi tutti felici e contenti ( gli amici degli amici che per grado di parentele o di spintarelle politiche occupano prestigiosi posti di lavoro) : niente tetti agli stipendi dei manager di banche e società quotate.
La commissione Finanze della Camera ha eliminato la misura introdotta durante l’ esame in Senato della legge comunitaria 2009.
Viene così cancellato il divieto per il trattamento economico dei manager di superare quello annuo lordo spettante ai parlamentari.
MI VERGOGNO DI ESSERE ITALIANO.
W L’ ITALIA.
Massimo De Angeli.

venerdì 26 febbraio 2010

Il Fabbricante dei Sogni - Art.4

Oggi volevo discutere della macchina burocratica. Come ben si sa, fu max Weber a teorizzarne la sua struttura formale, ma ricevette critiche derivanti dall'analisi pratica della sua teoria.
Infatti , si è potuto facilmente intuire che la famosa razionalità sinottica di Weber, cioè quella razionalità per la quale va ricercato sempre il miglior metodo tra tutti i casi possibili, risultava praticamente impossibile nella sua applicabilità.

Uno che criticò ciò suddetto fu Crozier, sociologo francese, il quale disse che il potere residuale, cioè quel potere d'iniziativa che ogni burocrate poteva avere non essendo strettamente definita la sua attività, diventava un potere discrezionale che andava chiaramente incontro alle esigenze personali, quindi al profitto personale, quindi al proprio interesse e non dell'azienda.
Questo potere discrezionale rappresenta quindi un limite estremamente imponente per la macchina burocratica e soprattutto per la sua efficienza ed efficacia.
Da qui , con la razionalità limitata Simon e la suddivisione in 5 tipi di burocrazie diverse di Mintzberg, i metodi per cercare di arginare le problematiche burocratiche furono pensate e oggi , nonostante lo sforzo di molti, la burocrazia rimane un grosso problema nelle amministrazioni di tantissime aziende e società.

E' una problematica che mette in difficoltà e rallenta il lavoro, ma allo stesso tempo si pone l'obbiettivo di garantire ordine e rigore nei procedimenti.

L'analisi del mondo burocratico è, a mio avviso, importante nell'ottica odierna poiché ai giorni nostri le lamentele sulla lentezza della burocrazia sono all'ordine del giorno. Capire bene di cosa si sta parlando è assolutamente utile per cercare di trovare il miglior metodo possibile per un intelligente rimedio a questa inefficienza di fondo.

Vogliamo pensare , ad ogni modo, che quel potere discrezionale che la burocrazia inefficace consente sia gestito nel modo piu' sobrio dagli uomini, anche se sappiamo che la logica di profitto ed interesse che pervade l'uomo odierno non lascia scampo a molte illusioni.

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